Alzheimer, una nuova speranza per la diagnosi precoce
Uno degli aspetti più drammatici del morbo di Alzheimer è l’impossibilità di una diagnosi precoce che permetta di agire tempestivamente con una terapia. Quando i sintomi si manifestano, infatti, è già troppo tardi per tentare di arginare il declino cognitivo, e gran parte della malattia ha già fatto il suo corso.
Negli ultimi anni, la ricerca si è concentrata principalmente su un efficace sistema di diagnosi precoce, e un team di ricercatori italiani sembra aver raggiunto un nuovo, importantissimo traguardo.
Si tratta di una nuova tecnica che permette di identificare “l’impronta digitale” di proteine e biomarcatori, anche quando sono presenti in minime tracce, grazie all’attivazione laser di nanocristalli d’argento. L’irraggiamento laser accende i nanocristalli, producendo un intenso campo elettrico che amplifica esponenzialmente il segnale delle molecole aderenti alla superficie dei nanocristalli stessi; il segnale così rivelato fornisce informazioni su composizione e struttura della biomolecola.
La ricerca è stata messa a punto da ricercatori dell’Istituto di fisica applicata (Ifac-Cnr), in collaborazione con l’Istituto di microelettronica e microsistemi (Imm-Cnr) e con il Dipartimento di chimica e scienze geologiche dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
Questa metodica può essere a tutti gli effetti sfruttata per sviluppare test diagnostici, permettendo di riconoscere precocemente i biomarcatori di patologie neurodegenerative, quali il Parkinson e l’Alzheimer.
Tuttavia, come afferma Roberto Pini, direttore dell’Ifac-Cnr “La strada è ancora lunga. Sarà infatti necessaria un’accurata fase di test preliminari per classificare la complessità dell’impronta ottica dei vari biomarcatori, prima che questa tecnica risulti affidabile per l’uso clinico”.