Alzheimer nuovi farmaci e strategie di ricerca
La ricerca scientifica, nel suo continuo e instancabile lavoro, sta attualmente sviluppando dei nuovi e più efficaci trattamenti per il morbo di Alzheimer, che riguardano varie classi di composti, tra cui: gli antagonisti dei recettori muscarinici M1, gli antagonisti dei recettori nicotinici, gli anticorpi contro β-amiloide, agenti antinfiammatori, inibitori delle secretasi e composti che agiscono sulla proteina tau.
Andiamo ad analizzare nello specifico gli effetti sui quali si basano i nuovi farmaci:
Antagonisti dei recettori muscarinici di tipo M1 – Come ben sappiamo, i farmaci che attualmente sono utilizzati per il trattamento del morbo di Alzheimer comprendono inibitori dell’acetilcolinesterasi, che hanno però una notevole pecca: il funzionamento di tali inibitori, infatti, si basa sull’integrità delle strutture nervose, che la malattia contribuisce a degenerare progressivamente, rendendo quindi anche il farmaco sempre meno efficace.
Gli studi recenti hanno dimostrato che la stimolazione dei recettori muscarinici di tipo M1, evitando invece quelli di tipo M2, può portare alla riduzione dei livelli di β-amiloide, quindi agisce contro il progredire stesso della malattia, causato dall’accumulo del peptide.
I recettori muscarinici M1 sono coinvolti nella memoria a breve termine e si trovano nell’ippocampo e nella corteccia, le due aree in cui si manifesta il maggior deficit colinergico, causato dalla progressiva perdita di neuroni colinergici. Dunque, l’aumento della funzione colinergica è in grado di rallentare la produzione della malattia, riducendo l’accumulo di β-amiloide.
Farmaci antagonisti dei recettori nicotinici – E’ sempre la perdita dei neuroni colinergici a far pensare che i recettori nicotinici possano essere un bersaglio terapeutico, soprattutto gli antagonisti del tipo α7, che risulta essere il predominante nelle zone cerebrali dovo il calo colinergico si verifica. Sulla base di tali conclusioni, sono stati sintetizzati vari composti, e tutti hanno mostrato risultati discreti. In particolare, l’ ABT-107 ha generato miglioramenti di tipo cognitivo in scimmie e topi ed è recentemente stato testato anche aull’uomo, dimostrandosi tollerabile ed efficace.
Anticorpi contro β-amiloide – Attraverso l’immunizzazione passiva, si fa utilizzo degli anticorpi monoclonari anti β-amiloide, allo scopo di ridurne i livelli. Tra gli anticorpi sperimentati troviamo il bapineuzumab, che ha come bersaglio le placche amiloidi e che, sfortunatamente, ha generato in qualche caso degli effetti collaterali non del tutto lievi, e il solanezumab, ch è in grado di riconoscere alcune varianti della proteina β-amiloide e di legarsi alla β-amiloide solubile, riconosciuta dannosa già prima ancora della formazione delle placche; lievi gli effetti collaterali.
Inibitori delle y-secretasi – Il farmaco basato su questi inibitori, il begacestat, è addirittura in grado di inibire la scssione della proteina APP (Amyloid Precursor Protein), la cui degradazione enzimatica porta alla formazione di β-amiloide, fondamentale responsabile dell’Alzheimer. I risultati sono notevoli: su animali transgenici, il trattamento orale ha mostrato una riduzione nel cervello, nel plasma e nel liquido cerebrospinale dei livelli di β-amiloide, e inoltre, a livello cognitivo, è stata notata un’inversione dei deficits della memoria contestuale.