Alzheimer, l’importanza della diagnosi precoce
Tra i fattori che contribuiscono a rendere l’Alzheimer una delle malattie più temibili del nostro tempo vi è, oltre alla mancanza di una terapia che sia realmente valida, l’incapacità di diagnosticare con sufficiente anticipo l’insorgere del morbo. Nonostante l’impossibilità di agire in modo efficace sul morbo, infatti, riuscire a riconoscere in tempo l’Alzheimer potrebbe essere molto importante, soprattutto per pazienti e familiari, che potrebbero così prepararsi nel migliore dei modi per affrontarne le conseguenze limitando i problemi associati al decorso della malattia.
Gli studi scientifici, perciò, si sono molto concentrati sulla ricerca di un metodo capace di diagnosticare precocemente l’Alzheimer e ciò ha portato allo sviluppo di metodologie utili per riconoscere con un certo anticipo i meccanismi che portano al decorso della malattia. Dopo l’osservazione dell’accumulo di beta amiloide attraverso PET (Tomografia a Emissione di Positroni) e l’analisi dei biomarcatori, oggi dei ricercatori americani sono giunti ad un’altra scoperta che potrebbe aprire un’altra strada alla diagnosi precoce dell’Alzheimer: pare infatti che il morbo influenzi l’odore corporeo.
Sfruttando la lunga esperienza accumulata in precedenza negli studi sui cambiamenti degli odori del corpo dovuti alla somministrazione di vaccini e l’attacco di virus, i ricercatori hanno analizzato l’urina di topi usati come modello per l’Alzheimer che si sviluppa nell’uomo, rilevando che effettivamente vi sono piccoli cambiamenti di odore. Sembra quindi che l’Alzheimer lasci, prima ancora della sua manifestazione, dei segnali olfattivi dovuti probabilmente alle caratteristiche genetiche da cui il morbo prende il via.
Resta ora da verificare tale situazione sull’uomo, nella speranza di fare di questo nuovo segnale un vero e proprio strumento di diagnosi precoce.