Alzheimer, i miti da sfatare
Negli ultimi tempi il morbo di Alzheimer è stato un tema particolarmente discusso, per la sua attualità e per l’espandersi della sua incidenza, che ha raggiunto livelli preoccupanti.
Si tratta, nello specifico, di una malatia neurodegenerativa dell’encefalo, che colpisce con più facilità gli anziani e che conduce ad una progressiva ed inesorabile perdita delle facoltà cognitive dell’individuo.
Nonostante questo morbo sia ancora ricco di misteri, nel corso degli anni la ricerca ha fatto importanti passi in avanti, giungendo ad una consapevolezza della malattia sempre più approfondita e articolata. Tuttavia, nonostante i progressi, sono ancora in circolazione credenze e “miti” da sfatare riguardo al morbo d’Alzheimer. Vediamone alcuni.
La prima errata convinzione è che, poiché la gran parte degli individui affetti da Alzheimer abbia oltre ottanta anni, ad ammalarsi di questo morbo siano esclusivamente gli anziani. Sappiamo infatti che un 5% delle persone affette da Alzheimer ha tra i 30 ed i 50 anni: ciò è dovuto nella quasi totalità dei casi ad una mutazione genetica presente sin dalla nascita che porta all’alterazione della normale funzione delle proteine, il che conduce ad un deterioramento precoce dei neuroni.
Altra credenza errata riguarda uno dei sintomi tipici dell’Alzheimer, ovvero la perdita della memoria. Dal momento che gli anziani hanno la tendenza a soffrire di amnesie, si è soliti collegare l’Alzheimer al naturale processo di invecchiamento. Effettivamente, quando si invecchia, il cervello subisce un processo di involuzione che porta ad una minore capacità comunicativa interneuronale e quindi a disturbi di vario genere, comprese occasionali amnesie.
L’Alzheimer è invece uno speifico morbo, che comporta disturbi ben più profondi e gravi. Tra questi vi sono la confusione spazio-temporale, problemi di linguaggio e riduzione di capacità di giudizio, tutti sintomi che si fanno sempre più gravi con il passare del tempo.
E’ anche convinzione di molti il fatto che l’Alzheimer non causi la morte delle persone che colpisce: niente di più sbagliato! L’Alzheimer, infatti, genera un declino cognitivo progressivo che può seriamente pregiudicare la salute dei pazienti, fino a portarli alla morte: un anziano affetto da Alzheimer può infatti sviluppare gravi problemi di deglutizione nelle fasi finali della malattia, o addirittura può dimenticarsi di bere o mangiare!
Infine, molti credono erroneamente che l’Alzheimer possa regredire: purtroppo, al momento, l’Alzheimer non ha una cura nè tantomeno un metodo capace di contrastarne definitivamente o anche significativamente gli effetti. L’unica arma che abbiamo in possesso contro l’Alzheimer è la prevenzione: oltre i farmaci approvati dalla FDA, sono utili la fisioterapia, per il miglioramento dei disturbi motori e di equilibrio, la terapia comportamentale, la terapia occupazionale, terapia del linguaggio e stimolazione cognitiva.